Fabrizio De Andrè - Disamistade
Anime salve, è il tredicesimo e ultimo album registrato in studio dal cantautore genovese Fabrizio De André, pubblicato il 19 settembre 1996 dalla BMG Ricordi.
L'album ha ottenuto un riscontro molto positivo sia da parte dalla critica musicale, che gli ha assegnato la Targa Tenco 1997,[4] sia dal punto di vista commerciale, debuttando direttamente al primo posto della classifica FIMI[5] e raggiungendo in seguito la certificazione di triplo disco di platino in Italia.[1]
Indice [nascondi]
1 Il disco
2 Tracce
3 Le canzoni
3.1 Prinçesa
3.2 Khorakhané "A forza di essere vento"
3.3 Anime salve
3.4 Dolcenera
3.5 Le acciughe fanno il pallone
3.6 Disamistade
3.7 Â cúmba
3.8 Ho visto Nina volare
3.9 Smisurata preghiera
4 Premi e riconoscimenti
5 Classifiche
6 Musicisti
7 Altri progetti
8 Collegamenti esterni
9 Note
Il disco [modifica]
Frutto di un lavoro a quattro mani di De André con il collega e concittadino Ivano Fossati, che era già stato suo collaboratore episodico in passato,[6] Anime salve è considerato da molti il testamento non solo musicale di Fabrizio De André,[7] ma anche spirituale, soprattutto per la presenza del brano di chiusura dell'opera, Smisurata preghiera.[8][9] Attraverso i brani del disco, il cantautore intraprende un percorso ideale nell'anima del mondo degli umili, dei reietti e dei dimenticati, sempre molto caro al cantautore.[10] Il tema prevalente è la solitudine in tutte le sue forme:[11] quella della transessuale, del Rom, dell'innamorato, del misero pescatore di acciughe, anche (in positivo) quella scelta come condizione ideale. Lo stesso titolo dell'album deriva dall'etimologia delle parole "Anime" e "Salve", e sta a significare "spiriti solitari".[7] L'intero disco può essere considerato un "elogio della solitudine", che permette di essere liberi e non condizionati dalla società[12] come spiegato dallo stesso De André durante un live poi pubblicato nell'album Ed avevamo gli occhi troppo belli:
« [Anime salve] trae il suo significato dall'origine, dall'etimologia delle due parole "anime" "salve", vuol dire spiriti solitari. É una specie di elogio della solitudine.
Si sa, non tutti se la possono permettere: non se la possono permettere i vecchi, non se la possono permettere i malati. Non se la può permettere il politico: il politico solitario è un politico fottuto di solito. Però, sostanzialmente quando si può rimanere soli con sé stessi, io credo che si riesca ad avere più facilmente contatto con il circostante, e il circostante non è fatto soltanto di nostri simili, direi che è fatto di tutto l'universo: dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle. E ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante, si riesce a pensare meglio ai propri problemi, credo addittura che si riescano a trovare anche delle migliori soluzioni, e, siccome siamo simili ai nostri simili credo che si possano trovare soluzioni anche per gli altri.
Con questo non voglio fare nessun panegirico né dell'anacoretismo né dell'eremitaggio, non è che si debba fare gli eremiti, o gli anacoreti; è che ho constatato attraverso la mia esperienza di vita, ed è stata una vita (non è che dimostro di avere la mia età attraverso la carta d'identità), credo di averla vissuta; mi sono reso conto che un uomo solo non mi ha mai fatto paura, invece l'uomo organizzato mi ha sempre fatto molta paura. »
(Fabrizio De André, Elogio della solitudine, tratto da Ed avevamo gli occhi troppo belli)
Lo stesso De André, nel corso del concerto tenuto al Teatro Brancaccio di Roma nel 1998, definirà Anime salve un «discorso sulla libertà».[13]
Le canzoni dell'album, arrangiate da Piero Milesi,[14] sono caratterizzata da una ricerca sonora indirizzata verso ritmi e temi tipici della cultura musicale sudamericana, cari a Fossati ma che hanno appassionato anche De André stesso fin da giovane, e verso il tropicalismo di Caetano Veloso, ma vi sono anche chiari riferimenti alle atmosfere balcaniche e mediterranee. Due dei brani del disco, Prinçesa e Smisurata preghiera, hanno inoltre una precisa matrice letteraria per i rispettivi testi.[15]
Anche in quest'ultimo disco De André fa uso di dialetti ed altre lingue: i cori di Prinçesa sono in portoghese del Brasile, i cori di Dolcenera e l'intero testo di  cúmba sono in genovese, il finale di Khorakhané è in lingua rom, mentre il titolo della sesta canzone, Disamistade, è un termine sardo dalla forte connotazione sociale.
L'apparente incongruenza dell'opera è dovuta alla disputa, avvenuta nei due anni passati in sala di registrazione, tra la "corrente paganiana" che prediligeva ritmi e sonorità mediterranee (sulla scorta di Crêuza de mä) e la "corrente fossatiana" che intendeva realizzare un unicum musicale sudamericano. Dopo innumerevoli facimenti e rifacimenti, De André ha poi optato per una miscellanea delle contrastanti posizioni. Per fare questo si è rivolto a Piero Milesi, che aveva avuto modo di conoscere bene durante la realizzazione del precedente album Le nuvole[senza fonte] .
Nei crediti compare anche una dedica al percussionista Naco, al secolo Giuseppe Bonaccorso, scomparso pochi mesi prima della pubblicazione del disco, per un incidente stradale. Naco è presente in tutti i brani dell'album, contribuendo non poco alle sonorità con un gran numero di strumenti anche non canonici.
Tracce [modifica]
CD (TCDMRL 392352)[16]
Testi e musiche di Fabrizio De André e Ivano Fossati.
Prinçesa – 4:52
Khorakhané (A forza di essere vento) – 5:32
Anime salve – 0:52
Dolcenera – 4:59
Le acciughe fanno il pallone – 4:47
Disamistade – 5:13
 cúmba – 4:03
Ho visto Nina volare – 3:58
Smisurata preghiera – 7:08
Le canzoni [modifica]
Prinçesa [modifica]
Il primo brano del disco trae spunto dall'omonimo libro autobiografico di Fernanda Farias De Albuquerque[senza fonte], scritto con l'ex brigatista romano Maurizio Iannelli, in cui viene narrata la storia della transessuale brasiliana Fernandinho, nata maschio, che abbandona l'infanzia contadina per seguire il suo desiderio di femminilità, trasferendosi in città per operarsi e quindi correggere chirurgicamente l'errore della natura, diventare finalmente donna e, citando il testo della canzone, correre "all'incanto dei desideri".
Khorakhané "A forza di essere vento" [modifica]
Ballata incentrata sullo stile di vita e l'assoluta libertà del popolo Rom (la parola "Khorakhané" indica appunto una tribù orientale d'origine Rom). I Rom vengono qui dipinti come un popolo senza una vera casa e per questo totalmente liberi e privi di condizionamenti economico-sociali. Da qui la metafora, il senso del pezzo: la vita è come il viaggio di uno zingaro, che parte senza sapere la meta e senza soprattutto-curarsi di questa, perché il fine diventa solo un interessante particolare, non lo scopo dell'esistenza umana ("per la stessa ragione del viaggio, viaggiare")[senza fonte].
Nel corso del citato concerto al Teatro Brancaccio, Fabrizio De André aveva dichiarato a proposito dei Rom: «Sarebbe un popolo da insignire con il Nobel per la pace per il solo fatto di girare per il mondo senza armi da oltre 2000 anni».
Il testo in coda a questo brano, alla cui stesura aveva collaborato appunto un amico rom di De André[senza fonte], è in romaní, lingua madre del popolo nomade qui protagonista. Nel disco questo finale è cantato da Dori Ghezzi; nelle riprese del pezzo dal vivo, è invece interpretato dalla figlia di De André, Luvi.
Anime salve [modifica]
Il pezzo, che dà il titolo al disco, è cantato in duetto con Ivano Fossati, che presta la sua voce anche in  cúmba.
Il testo è incentrato sulla solitudine, sui citati "spiriti solitari": la loro salvezza deriva forse proprio da questo essere diversi, solitari per scelta, liberi.
Secondo un dato fornito dalla raccolta In direzione ostinata e contraria, il pezzo sarebbe dedicato alla memoria del bassista Stefano Cerri, circostanza però del tutto inverosimile essendo Cerri scomparso nel novembre 2000, cioè quattro anni dopo l'uscita dell'album e quasi due dopo la morte di De André.
Dolcenera [modifica]
Durante un concerto a Treviglio, il 24 marzo 1997, De André affermò:
« Questo del protagonista di Dolcenera è un curioso tipo di solitudine. È la solitudine dell'innamorato, soprattutto se non corrisposto. Gli piglia una sorta di sogno paranoico, per cui cancella qualsiasi cosa possa frapporsi fra se stesso e l'oggetto del desiderio. È una storia parallela: da una parte c'è l'alluvione che ha sommerso Genova nel '70, dall'altra c'è questo matto innamorato che aspetta una donna. Ed è talmente avventato in questo suo sogno che ne rimuove addirittura l'assenza, perché lei, in effetti, non arriva. Lui è convinto di farci l'amore, ma lei è con l'acqua alla gola. Questo tipo di sogno, purtroppo, è molto simile a quello del tiranno, che cerca di rimuovere ogni ostacolo che si oppone all'esercizio del proprio potere assoluto. »
La canzone ha una musica profonda, un linguaggio ricco di rime e di assonanze e un ritmo ondeggiante e sinuoso. Inoltre una parte della canzone è stata scelta come sigla del programma di Rai Tre Che tempo che fa.
Le acciughe fanno il pallone [modifica]
Il titolo è una frase tipica ligure e sta ad indicare il momento in cui le acciughe, nell'intento di sfuggire dai pescatori e dai loro predatori, si ammucchiano tutte assieme formando un grosso branco di forma appunto sferica. Il brano può essere visto come uno spaccato della solitudine, quasi voluta e cercata, del marinaio pescatore che torna a riva dopo ore di pesca infruttuosa in mare aperto e non viene praticamente notato «dalle villeggianti che passano con l'occhio di vetro scuro» di fianco alle reti che asciugano sul muro[senza fonte].
Disamistade [modifica]
"Disamistade" in sardo significa "inimicizia" e, per estensione, faida, lotta. Il brano racconta appunto il conflitto tra due famiglie probabilmente per motivi d'onore e promesse non mantenute ed è uno spaccato delle classiche "guerre" e inimicizie tra famiglie che spesso si potevano vivere soprattutto nella zone centro-meridionali italiane fino a qualche decennio fa, dovute soprattutto ad un fortissimo senso dell'onore e dell'orgoglio.
 cúmba [modifica]
Il titolo tradotto è "La colomba". Nel pezzo il volatile è, metaforicamente, la ragazza che vola via dalla casa dei genitori per sposarsi e cambiare "nido", cioè abitazione. Il testo, interamente in lingua genovese, è incentrato sull'operazione di convincimento che il pretendente fa verso il padre della ragazza per convincerlo a cedergli la figlia in sposa. Il ragazzo promette di trattarla con rispetto e riverenza e riesce a convincere con buone parole il padre della ragazza, ma nel finale di canzone De André ribalta tutto e mostra la realtà proponendo l'immagine della ragazza a casa trascurata e del marito in giro a divertirsi.
Ho visto Nina volare [modifica]
Lo spunto di questa canzone dovrebbe essere stato il primo amore d'infanzia di De André. Descrive la solitudine del ragazzo che deve disobbedire al padre, non trovando il coraggio di informarlo del suo amore per Nina: sarà costretto a scappare di casa, e cercare una nuova vita lontano. L'ombra è il rimorso del protagonista che si ribella all'autorità paterna, ma lui è ben pronto a cacciarlo, con il coltello (cioè con la violenza), e con la maschera di gelso, che vuol dire nascondersi. Elementi presenti nella canzone sono l'altalena su cui giocavano, il cortile della cascina e l'arnia («mastica e sputa, da una parte il miele, mastica e sputa, dall'altra la cera»). Ivano Fossati riferirà in seguito, in un'intervista, che il "masticare e sputare da una parte il miele e dall'altra la cera" è un'antichissima pratica osservata con stupore da De André e dallo stesso Fossati mentre veniva effettuata da alcune anziane contadine nel materano, in Basilicata. È un ricordo di De André bambino, quando con i loro genitori nei weekend andavano nella loro casa di campagna nell'Astigiano, Nina (veramente esistita e tuttora viva) era una bambina del posto che nei pomeriggi estivi era la compagna di giochi del futuro cantautore, il quale non raramente si fermava a vederla andare sull'altalena; da qui il titolo del brano. Questa canzone è stata oggetto di molti rifacimenti, tra i quali quello realizzato dal gruppo rock pugliese C.F.F. e il Nomade Venerabile, contenuto nell'album Lucidinervi (2009).
Smisurata preghiera [modifica]
È tratta dal libro di poesie Saga di Maqroll - Il gabbiere di Álvaro Mutis (divenuto poi amico di De André) che racconta di un marinaio errante e delle sue considerazioni sui temi fondamentali della vita (il quale, al contrario della canzone in questione, prega: "Ricorda Signore che il tuo servo ha osservato pazientemente le leggi del branco. Non dimenticare il suo volto").
Considerata, anche dal suo autore, l'epitome dell'intero disco e dei suoi temi, è una sorta di richiesta, da parte di quegli uomini che per la libertà hanno scelto la solitudine e per questo sono stati emarginati dalla maggioranza, di un riscatto impossibile, smisurato. Lo stesso De André afferma, durante un concerto:
« L'ultima canzone dell'album è una specie di riassunto dell'album stesso: è una preghiera, una sorta di invocazione... un'invocazione ad un'entità parentale, come se fosse una mamma, un papà molto più grandi, molto più potenti. Noi di solito identifichiamo queste entità parentali, immaginate così potentissime come una divinità; le chiamiamo Dio, le chiamiamo Signore, la Madonna. In questo caso l'invocazione è perché si accorgano di tutti i torti che hanno subito le minoranze da parte delle maggioranze.
Le maggioranze hanno la cattiva abitudine di guardarsi alle spalle e di contarsi... dire "Siamo 600 milioni, un miliardo e 200 milioni..." e, approfittando del fatto di essere così numerose, pensano di poter essere in grado, di avere il diritto, soprattutto, di vessare, di umiliare le minoranze.
La preghiera, l'invocazione, si chiama "smisurata" proprio perché fuori misura e quindi probabilmente non sarà ascoltata da nessuno, ma noi ci proviamo lo stesso. »
Smisurata preghiera potrebbe essere considerata quasi il sunto dell'intera opera di Fabrizio De André, il suo messaggio "definitivo". È un atto d'amore per le minoranze, «per chi viaggia in direzione ostinata e contraria col suo marchio speciale di speciale disperazione» contro una maggioranza incline a coltivare le sue meschinità. In questa canzone, di riuscitissima forza poetica, c'è in effetti tutto De André: quello che insegue la libertà «tra i vomiti dei respinti» con un titanismo che ricorda quello di Leopardi ne La Ginestra. C'è il De André che si rivolge al divino per invocare, con profonda umanità, la salvezza degli emarginati che «dopo tanto sbandare è appena giusto che Fortuna li aiuti come una svista, come un'anomalia, come una distrazione, come un dovere».
Il pezzo si chiude con una coda orchestrale di oltre due minuti, eseguita da tastiere e organetto diatonico (suonato da Riccardo Tesi).
« ..Smisurata preghiera è l'epitome del disco, la summa dei tracciati che lo percorrono. Ed è ancora un affresco sulle minoranze, sulla necessità di difendersi da parte di chi non accetta "le leggi del branco", su coloro insomma che devono pagare per difendere la propria dignità: gli unici che attraversando l'emarginazione e la solitudine riescono ancora a "consegnare alla morte una goccia di splendore". La musica »
(Doriano Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, p. 77)
« ..Smisurata preghiera [...] è una specie di salmo di invocazione e di imprecazione sulle minoranze. Ed è costruita a partire da testi di Alvaro Mutis, che in un'intervista televisiva ha dichiarato che occorre un talento straordinario per sintetizzare un'intera opera in una sola canzone. »
(Alessandro Gennari, in Le mie note a margine (intervista a F. De André)
« ..La canzone è tratta da un romanzo di Alvaro Mutis, che io purtroppo non conosco, ma so per esperienza come Fabrizio riesce a "migliorare", a elaborare i testi scelti come riesce a caricarli di significati un po' misteriosi, sempre legati alla sua antica polemica sociale, al suo problema morale.
Qui la polemica è tra il suo eterno nemico, "la maggioranza", e i "disobbedienti alle leggi del branco", per i quali invoca l'attenzione del Signore.
Il dolce menestrello della nostra adolescenza, che ci ha insegnato a scoprire la differenza tra la vita e la morte, e ora a respingere "lo scandalo metallico" delle armi, nella forza della sua maturità ci offre un blueprint di saggezza nell'indipendenza, nella "direzione contraria". »
(Fernanda Pivano, in occasione del "Premio Lunezia" 1997)
Premi e riconoscimenti [modifica]
Targa Tenco 1997 per il Miglior Album[4]
Targa Tenco 1997 per la Miglior Canzone (Prinçesa )[4]
Premio Italiano della Musica 1997 per il Miglior Album[17]
Classifiche [modifica]
Classifica (1996) Posizione
massima
Italia[18] 1
Musicisti [modifica]
Prinçesa
Ellade Bandini - batteria
Naco - wood block, zabumba, shaker, doppio triangolo, molla, djembé, bongo e conga
Pier Michelatti - basso
Michele Ascolese - chitarra classica
Massimo Gatti - mandolino e mandola
Sàndor Kuti - cymbalom
Vladimir Denissénkov - bayan
Giancarlo Porro - clarinetto
Piero Milesi - violoncello
Dori Ghezzi, Luvi De André, Silvia Paggi, Beppe Gemelli, Robson R. Primo (Agata), Roberto Esteráo (Roberta) - voci
Neusinha Escorel, Patricia Figueredo, Rosa Emilia - voci recitanti
Tiziano Crotti e Paolo Iafelice - sonoro in esterni
Khorakhané (A forza di essere vento)
Michele Ascolese - chitarra elettrica
Sàndor Kuti - cymbalom
Riccardo Tesi - organetto
Piero Milesi - tastiere
"Il Quartettone" - orchestra d'archi
Carlo De Martini - direzione d'orchestra
Dori Ghezzi - voce
Anime salve
Ivano Fossati - voce
Ellade Bandini - batteria
Naco - darbuka, molla, conga e shaker
Pier Michelatti - basso fretless
Alberto Tafuri - pianoforte e tastiere
Mario Arcari - mancoseddas e corno inglese
Massimo Spinosa - editing
Tiziano Crotti e Paolo Iafelice - sonoro in esterni
Dolcenera
Ellade Bandini - batteria
Naco - udu, urucungu e shaker
Pier Michelatti - basso
Fabrizio De André - chitarre classiche
Gianni Coscia - fisarmonica
Cecilia Chailly - arpa paraguaiana
Mario Arcari - corno inglese
Michela Calabrese D'Agostino - flauto
Giancarlo Porro - clarinetto
Silvio Righini - violoncello
Dori Ghezzi, Luvi De André - voci
Le acciughe fanno il pallone
Naco - darbuka, conga, udu, talking drum, caxixi e wood block
Pier Michelatti - basso
Cristiano De André - chitarre classiche, tastiere, violino e shaker
Michela Calabrese D'Agostino - flauto
Mario Arcari - shanai
Disamistade
Naco - berimbau e tamburello
Elio Rivagli - damigiana
Fabrizio De André - chitarre classiche
Silvio Righini - violoncello
Piero Milesi - tastiere
Alberto Morelli - tlapitzalli e bansuri
"Il Quartettone" - orchestra d'archi
Carlo De Martini - direzione d'orchestra
 cúmba
Ivano Fossati - voce
Ellade Bandini - batteria
Naco - rastrello, caxixi, djembè, guarnizione di filo elettrico, gong, conga e shaker
Pier Michelatti - basso fretless
Fabrizio De André, Michele Ascolese - chitarre classiche
Dori Ghezzi, Luvi De André, Silvia Paggi - voci
Ho visto Nina volare
Ellade Bandini - tom
Fabrizio De André - nacchere e couscous
Naco - bubboli
Pier Michelatti - basso fretless
Francesco Saverio Porciello - chitarra classica
Piero Milesi - pianoforte e tastiere
Alberto Morelli - bansuri
Massimo Spinosa - editing
Smisurata preghiera
Elio Rivagli - batteria
Naco - djembé, talking tablim e shaker
Alberto Tafuri - pianoforte e tastiere
Pier Michelatti - basso a cinque corde
Franco Mussida - chitarra classica
Mario Arcari - mancoseddas
Riccardo Tesi - organetto
"Il Quartettone" - orchestra d'archi
Carlo De Martini - direzione d'orchestra
Altri progetti [modifica]
Wikiquote contiene citazioni da Anime salve
Collegamenti esterni [modifica]
Dolcenera e l'alluvione di Genova, 1970
L'edizione speciale in vinile pregiato, 2006
Note [modifica]
^ a b Giacomo Pellicciotti. De André a gonfie vele. la Repubblica, 12 febbraio 1997. URL consultato il 16 aprile 2011.
^ Riccardo Bertoncelli e Chris Tellung. Ventiquattromila dischi, pp. 1194Z. Zelig editore
^ Mariano Prunes. (EN) Fabrizio De André - Anime Salve - Review. All Music Guide. URL consultato il 8 novembre 2011.
^ a b c Laura Putti. Ma la canzone d'autore ha perso la sua diversità. la Repubblica, 25 ottobre 1997. URL consultato il 8 novembre 2011.
^ Mario Luzzatto Fegiz. Dalla vince il cuore dei giovani. Corriere della Sera, 8 ottobre 1996. URL consultato il 8 novembre 2011.
^ Flavio Brighenti. De André, quel borghese che scelse l'insofferenza. la Repubblica, 11 gennaio 1999. URL consultato il 8 novembre 2011.
^ a b Claudio Fabretti. Fabrizio De Andre'. OndaRock.it. URL consultato il 8 novembre 2011.
^ Gino Castaldo. Le parole segrete di De André. Viaggio fra le carte del cantante-poeta. la Repubblica, 12 agosto 2007. URL consultato il 8 novembre 2011.
^ Anime Salve per Fabrizio De Andrè. eventi.parma.it, 24 agosto 2009. URL consultato il 8 novembre 2011.
^ Magda Poli. Senza una nota non è De André. Corriere della Sera, 11 dicembre 2004. URL consultato il 8 novembre 2011.
^ Matteo Borsani e Luca Maciacchini. Anima salva. Le canzoni di Fabrizio De André. RAI. URL consultato il 8 novembre 2011.
^ Mario Luzzatto Fegiz. De André: che eroi i diseredati. Corriere della Sera, 19 settembre 1996. URL consultato il 8 novembre 2011.
^ Fabrizio De André - Biografia e Discografia. www.popon.it. URL consultato il 8 novembre 2011.
^ Addio a Piero Milesi. Rockol.it, 31 ottobre 2011. URL consultato il 8 novembre 2011.
^ Fabrizio De André - La discografia. Musica! (la Repubblica). URL consultato il 8 novembre 2011.
^ Fabrizio De André - Anime Salve. Discografia Nazionale della Canzone Italiana. URL consultato il 8 novembre 2011.
^ Sono questi tutti i vincitori. la Repubblica, 23 aprile 1997. URL consultato il 8 novembre 2011.
^ (EN) Hits of the World - Italy, pp. 58. Billboard, 19 ottobre 1996. URL consultato il 8 novembre 2011.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento